giovedì 25 novembre 2010

crop

si sono sciolte

le tanniche stelle

come tempo di laguna

che senza pena

lucida le ore


ed è sdrucito quel cuore

sale la tempra sin oltre le artefatte rive

e ogni suo limbico danzare

sembra non avere più litania


non ho più volti

ne sali

ne tempi sconfinati

solo vìola la salata

armonia

il canto degli empi

martedì 7 settembre 2010

Da una sola finestra

Era la zia Maria che aveva paura dei temporali. Lei, non vedente praticamente da sempre, si sentiva come sopraffatta da tutto quell'incomprensibile frastuono del cielo.
La casa del nonno Giovanni era per noi grandissima, a tratti immensa, e anche i meandri più oscuri sotto quei temporali estivi, non facevano paura. Era "porto franco", un'isola di salvezza per noi che ci sentivamo protetti da quei muri antichi, freddi ma sicuri.
L'unica finestra appena aperta, sul cortile, mi faceva intravedere il cielo verso est; un'oscurità mista a lampi di nuvole grigie. E poi il sorriso del nonno, con la sicurezza di chi la vita l'aveva vissuta attraverso i punti cardinali.
Era gioia e paura, fremito ed eccitazione, parole tenere; tempo passato per sempre e attraversato da nuovi ed inquietanti temporali che stentano a finire. Molto più scuri. Impenetrabili. Incomprensibili.
"Sta per uscire il sole, se siamo fortunati il temporale finirà con un bell'arcobaleno".
Vi ricordo tutti e tre in quella casa del "per sempre"; nei miei sogni, e tutti ancora a giocare d'estate, prima che un altro autunno arrivi. Prima che il freddo ci porti via.

martedì 31 agosto 2010

La trementina di San Martino

E' sufficiente tirare l'appendice del palo di metallo e la botola si apre come uno scrigno egiziano. Bruno sale le scale, mi fa strada e l'odore dei colori, della trementina, di soffitti densi, si insinua senza freno nelle narici.

L'amico, il fratello ritrovato: i sorrisi cantano questa ballata che è fresca come una rosa di maggio. Niente deve essere scritto e tutti noi, quelli di un tempo, siamo persi per strade che solo il mondo potrà raccontare. Seduti al tavolo nel centro. Nessuno. Solo negli occhi nostri è il testamento o il seme di quanto si sedimentava negli anni.

Il posto, quel posto è la mia casa.

La casa di Bruno è la mia casa - tutto dice ciò che vibra nella mia coscienza - mura inconsistenti esplose in un solo attimo.


Ma subito non c'è. La sorte gioca con la mia brama, ed è solo il prologo.

Giù alla Chiesetta di San Giovanni tutto si svela come se già si fosse aperto lo scrigno. Bruno, Paolo: lontano da casa sono ritornato a casa.


L'atelier contiene tutto, compreso ciò che ancora non so. Andarsene ora non è consentito e non sarebbe possibile. Rimaniamo tutti con promesse confortevoli, con abbracci silenziosi.




Arrivo nuovamente dopo molto come non fosse poi passato molto, solo qualche giorno: è l'aroma dell'atmosfera che me lo svela.

Ad Apecchio svuotiamo i sacchi e riempiamo le bisacce, davanti alla terra arata di fresco con la crescia in mano prepariamo un ordito che sa di cosmo e antimateria. Nasce lì il primo nuovo giorno. Inizia il tempo di ciò che si deve lasciar andare e del poco da tenere.

Mi sfiora Luca Carboni, ma l'antica casa ebrea ha evidentemente molto di più da raccontarmi. Non sento bene la sua voce al microfono. Troppo lontana.


C'è una balena bianca che mi guarda oltre l'arco della stanza e attorno ad essa vi sono spettri su barche instabili; la luna verso il mare sembra così grande da offrirci un'altra chance.

Lunica.

Noi uomini che camminando scorgiamo il vibrante sussurro del mondo.

Sulla strada per tornare ci attende il nostro destino.

giovedì 22 luglio 2010

Il tempio

Ci sono pieghe del tempo

che svelano le trame

ci sono pieghe tempestose

e pieghe che liberano tutto l'arco del volo

ci sono tempi sconvolti e tempi lucidi.

Tutto.

Quel tutto sperso e impercettibile

ci lascia

sempre

con la bocca ridentesocchiusa

e lo sguardo

traboccante

di sconosciuto

amore.

mercoledì 21 luglio 2010

der Bogen der Geige

Con ogni probabilità si era spostato fuori Vienna senza pensare che tutto quel ghiaccio, quel vento, poteva rivelarsi molto pericoloso. O forse lo aveva cercato tutto quel ghiaccio. Quando il bambino lo trovò pensò subito ad una statua moderna, ed in effetti la posizione era perfetta. Una coltre di neve sottile lo aveva ricoperto quasi uniformemente, e di quando in quando, mentre il sole lo colpiva, quella sagoma nel suo gesto aggraziato e immobile, sembrava illuminarsi dall'interno. Musica o forse solo incomparabile silenzio. Il silenzio dell'anima. Non si seppe bene come finì quella faccenda, ma pare, dai giornali dell'epoca, che sia stato tumulato così: perennemente legato alla sua musica silenziosa.

mercoledì 23 giugno 2010

Senza morire mai

Motore. Ancora più su, attraverso quegli strati, spingere e sentire il gas che brucia, vivo possente. E ancora, a fianco, le lamiere vibranti, serrate, cucite nello scafo. Il canto di tutti quei cavalli brillare, e nello scudo giallo, il cavallo d'ombra che inerpica a colpire. Vento e vento, come musica per le corde della pinna, nel punto più alto del mezzo. Taglio sicuro. Fulmine.

In tutto il corpo, da dentro le vene, con un fluido di sabbia e cenere sino al cervello e da qui, come fiotti di gas puro. Il tempo, quasi sospeso, ingloba nelle tempie tutta la tensione del balzo. L' A-E-R-O-P-L-A-N-O, esso, da terra, sembra pesante e ingombro di ossute paratie grossolane. Miraggio degli ingegneri più arditi, che nello scoprire le sottili leggi, armano la fisica di un nuovo gettito creativo: la scoperta dello spazio. Il vuoto che canta.

Sopra Lugo, gli amati campi del tempo d'infanzia, correvano dolci e fluivano sotto le ali; non provavo dolore nella perdita, perché ora avevo il mio cavallo. Il cavallo dei venti, lo SPAD S.XIII. Un'elica imponente ancor prima che la massa del muso apparisse alla vista. Lì vi erano cuore e polmoni della bestia.
Scodava a tratti appena sollevata la pancia e compiva, a certe riprese esatte, borbottii del carburatore fino su ai 70 metri. Poi si apriva.

Il sole sotto le nuvole era irrinunciabile e pochi prima di noi avevano goduto il mondo da quelle prospettive. Spingersi con garbo, ma per necessità, nella guerra dei cieli e se serviva lasciarci anche la pelle.


.....


É da destra che arriva quel sibilo di proiettile. Sono troppo basso! Da destra lo sento; non lo vedo. Ma è li, e sono troppo basso! Stacco il pedale porto su il muso, e poi più a sinistra! Non c'è. Ancora più su, più su! Ma sono ancora basso, troppo basso.

lunedì 21 giugno 2010

"Si voltò come se avesse sentito tutta una nuova magia in quelle parole e il volto prese il colore di una nuova gioia. - Si! Giusto! Mi è esploso il mondo dentro! - lo tocco con la mano sul petto come per trasferirgli tutta la forza di quell'istante perfetto."
"...Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione."

Amleto, W. Shakespeare
"Io ogni tanto me lo immagino, sai, lì nel deserto ghiacciato della sua vecchiaia, d'improvviso ritrovare i passi lievi della bellezza, per riuscire a sfiorarla, stringerla con un unico preciso gesto. Un miracolo, tutti ci meriteremmo un miracolo così: ce lo dovrebbero concedere all'ultimo istante in cambio del morire... in onore di questo nostro paziente, splendido morire."

M. Killroy

mercoledì 13 gennaio 2010

Ballade

La pallida mattina di settembre
in Boulevard de Ménilmontant
come scendere
oltre le porte
di una resa finale

spente le brame,
acceso il sacro fuoco
senza passato,
senza futuro
uomo in mezzo agli alberi

la nuda terra
che tutto avvolge
nel suo cantico di tenebra
lascia nell'odore di foglie
la sua tenerezza

la Madre del buio
lacrime di gioia,
lacrime di pianto,
piangere per il vuoto:
vuoto di espiazione.

Tra odio e amore,
tra vita e morte,
tra cielo e terra
corre il nostro filo
il volto colto dell'ultimo sacrificio.