martedì 24 novembre 2009

Saggio senza titolo

Dedicato a Jim Lowell

L’Arte vera, il Creare, è in genere da due decenni a due secoli in anticipo sui tempi, se paragonata al sistema e alla polizia. L’Arte vera non solo non è capita ma viene anche temuta, perché per costruire un futuro migliore deve dichiarare che il presente è brutto, pessimo, e questo non è un compito facile per quelli al potere – minaccia quanto meno i loro posti di lavoro, le loro anime, i loro figli, le loro mogli, le loro automobili nuove e i loro cespugli di rose. “Oscenità” è la parola che usano per giustificare la propria depravazione e per censurare le opere e per fare irruzione negli avamposti degli uomini creativi. La libreria di Jim Lowell ha subìto un’irruzione nello stesso periodo di quella di Steve Richmond, qui sulla costa ovest, perciò il cancro è diffuso in tutta la nazione e come mi ha detto qualcuno: “Siamo ritornati all’
Urlo”. Il che dimostra che non abbiamo percorso molta strada da allora. Il guaio con queste irruzioni è che i giudici stessi sono solo poco più esperti della polizia sull’attualità e sul significato della creazione pura. Le “riviste minori” hanno scarsa diffusione non perché gli scrittori scrivono male ma perché non ci sono abbastanza lettori pronti a capire, apprezzare, digerire la scrittura d’avanguardia. L’artista creativo è sempre stato vessato in modo costante dalla burocrazia e dal pubblico – Van Gogh era deriso dai bambini che gli lanciavano sassi contro la finestra. Era fortunato ad avere una finestra. Era fortunato ad avere un orecchio. Hemingway era fortunato ad avere un fucile. E io in questo momento sono fortunato ad avere questa macchina da scrivere, questa stanza, per scrivere questo, per raccontarvelo. Non chiedo pietà per l’artista, non chiedo fondi pubblici, non chiedo neppure comprensione; chiedo solamente che ci lascino in pace nella gioia, nell’orrore e nel mistero del nostro lavoro, e se venderanno le nostre opere per milioni di dollari quando saremo morti, dopo che saremo trascinati via dalle nostre stanze zeppe di scarafaggi, zeppe di topi, zeppe di fantasmi, zeppe di bottiglie, sono affari loro. Ma chiedo che ci lascino in pace ora – vi abbiamo lasciato le donne per bene, i castelli, le automobili nuove, i televisori, la guerra, le bistecche, le scarpe da quarantacinque dollari, i funerali da cinquemila dollari, i giardini di cactus lunghi un miglio, i Van Gogh originali –, lasciateci almeno in pace con le vostre “oscenità” e fate irruzione nelle edicole con le loro foto di tette e culi, pagina dopo pagina dopo pagina, stupida carne nuda insulsa, carne neutra inespressiva che i ragazzi delle superiori usano per farsi le seghe, per folli con facce ricoperte di melma che poi violentano i bambini, fate irruzione lì, fate irruzione in questa industria milionaria SE DOVETE FARE IRRUZIONE DA QUALCHE CAZZO DI PARTE ma lasciateci in pace LASCIATECI IN PACE. Fra cent’anni, quei libri che ora state confiscando verranno insegnati nelle vostre università, se i vostri leader non saranno così ignoranti da farci marcire all’inferno. Penso che quando fate irruzione la fate alle vostre paure, alla vostra coscienza (a quel poco che è rimasto), e fate irruzione, con rabbia, alla perdita delle vostre anime. Non vi chiedo di capire tutto. Per favore non chiedetemi di sforzarmi di farvi capire. Sono occupato con altre cose.

C. Bukowski

Nessun commento:

Posta un commento